di Marco Pio D'Elia - Ci alziamo che la notte non è ancora finita. Non siamo gli unici impazienti dell’alba, c’è chi ha preso l’autobus al tramonto per non tardare. E pure chi ha attraversato cieli interi al costo di esserci. A qualcun altro manca ancora un piccolo tratto da fare. Ci si prepara stringendo nello zaino una bandiera, improvvisando canti e condividendo frammenti di strada. È l’aria concitata di un giorno di festa, con tanti invitati, la festa di un amico atteso. Roma oggi ha questo volto: il volto di chi corre a un appuntamento importante e porta con sé la gioia di condividerlo.
Diario di una festa
«È come festeggiare uno di noi», dice Stefano, che oggi in piazza compie anche gli anni. Pier Giorgio non è il santo da figurina ingiallita e impolverata, «ma un tipo losco, nel quale rivedo me e i miei amici: imperfetto, con le proprie incoerenze, ma così capace di far spazio a Dio». La santità che oggi la Chiesa gli riconosce non nasconde le crepe, non cancella le fatiche, è piuttosto la trasparenza con cui la vita lascia filtrare la luce. È la certezza che la grazia non chiede perfezione, ma disponibilità. E allora sì, si può dire che facciamo festa a un amico, in cui si celebra «la perfezione della semplicità, dell’autenticità, della vita consegnata con fiducia agli altri e al Signore». Ed è forse lo stupore consolante di questa verità che fa piangere Stefano.
Pietro, invece, aggrappato alla transenna che separa i settori della piazza, parla di una santità che in Pier Giorgio si fa possibile, concreta, perché «non serve “uscire dalla vita normale” per vivere il Vangelo pienamente». La santità è una vita che non tenta di fuggire dalle proprie responsabilità, né di isolarsi dalla vita degli altri. Al contrario, «ci tiene nel mondo, ci immerge in esso con uno sguardo diverso sulle cose».
Quello sguardo evangelico che Marinella riconosce «non in occhi disinteressati, ma nel cuore aperto, nelle mani tese, nella tenerezza che diventa postura sempre rivolta “verso l’alto”». «Pier Giorgio provoca la nostra vita», aggiunge Nicola con quella severità affettuosa che si rivolge all’amico caro che scuote i passi quotidiani, gli equilibri rassicuranti, le abitudini tranquille. Ma al contempo, «oltre a provocare la nostra vita, se ne fa compagno». La vita di Pier Giorgio accende una nostalgia sottile, un richiamo dolce e imperioso verso ciò che ancora non abitiamo. E insieme nasce un desiderio che non conosce fretta: il desiderio del Signore, che ci spinge a cercarlo in ogni luogo, in ogni situazione, in ogni persona.
Consegnando la propria vita alla sorpresa di ogni giorno
Ecco che il sole spuntato all’orizzonte rende più limpido il senso del nostro esserci. Sentiamo rivolto l’invito a riconoscerci tutti santi, ognuno con le proprie storie. Pier Giorgio ci ricorda che in San Pietro non siamo radunati “per” lui, ma “con” lui. Per abitare insieme la Chiesa e il mondo come esperienze vive, condivise, fatte di passi incerti, di cuori aperti, quali luoghi di santificazione del quotidiano. Nella santità non c’è astrazione: è questa strada percorsa insieme, questa attesa dell’alba che sempre ricomincia, questa festa di vita consegnata e accolta. E così, tra il rumore dei passi e il silenzio delle preghiere, scopriamo che essere santi significa, prima di tutto, essere insieme, in cammino con il Signore, consegnando la propria vita alla sorpresa di ogni giorno.
*Lo stupore nei volti dei giovani di Ac è stato pubblicato su Segno nel mondo inserto di Avvenire di martedì 9 settembre