di Carlo Grigioni - “Io passo la vita dedicata allo studio, sono come un naufrago che lotta disperatamente con i marosi sempre sperando in una àncora di salvezza, ed io sono così tuffato nelle dispense che esse quasi mi circondano tentando di affogarmi in questa lotta per poter giungere al porto che sarebbe l’esame.” (Lettera a Isidoro Bonini – 29 aprile 1925)
Pensando a quello che dice alle studentesse e agli studenti di oggi Pier Giorgio Frassati ci piace partire da queste righe: l’impressione che la nostra vita giri intorno allo studio, la sensazione di essere sommersi dai libri, il pensiero di una verifica, di un’interrogazione o di un esame che si avvicinano. Un’esperienza che risuona familiare a chiunque viva l’esperienza della scuola o dell’università.
Ma l’esperienza di Frassati come studente ci suggerisce molto altro. Il progetto di studio di Pier Giorgio è strettamente legato al suo progetto professionale: diventare ingegnere minerario per condividere la vita quotidiana dei lavoratori più sfruttati e meno tutelati dell’epoca, i “suoi minatori”. Non si trattava, quindi, soltanto di una scelta accademica o professionale, ma di un modo concreto di servire “Cristo tra i minatori”.
A conferma di questa intenzione, Louise Rahner, madre dei teologi gesuiti Hugo e Karl, riportava queste sue parole: “Io voglio in ogni maniera poter aiutare la mia gente e […] come ingegnere minerario posso, dando il buon esempio, agire in maniera molto efficace”.
Dalle lettere agli amici e dai risultati universitari emerge l’immagine di uno studente normale, non necessariamente eccellente, spesso in difficoltà di fronte alle dispense e agli esami, ma capace di affrontare lo studio con serietà. La sua motivazione non era il voto in sé o un semplice interesse per la materia, bensì il desiderio di prepararsi al meglio per la missione che si era dato.
Scrive infatti:“Pochi giorni fa ho dato l’esame di disegno di macchine ho preso 60%, non mi meritavo di più non avendo fatto io i disegni, e di chimica applicata. Quest’ultimo esame è andato bene sul principio e poi non tanto in fine e così ho avuto 65%; pazienza un’altra volta studierò di più e così mi meriterò più bei voti” (Lettera ad Antonio Villani – 26 marzo 1923).
Parole che ci restituiscono un ragazzo simile a noi: con successi e insuccessi, con cadute e riprese, senza per questo abbandonare i propri progetti di bene, ma con una sana intenzione di migliorarsi esame per esame. Ciò che conta non è accumulare voti, bensì finalizzare l’impegno e la fatica a un bene più grande.
In questo atteggiamento risuona quello che anni dopo sarà il “fine grande” di don Lorenzo Milani e della Scuola di Barbiana: “cercare il sapere solo per usarlo al servizio del prossimo. Il sapere serve solo per darlo. Il fine giusto è dedicarsi al prossimo”.
Come studentesse e studenti del Movimento Studenti di Azione Cattolica oggi facciamo nostro questo significato del nostro studio. Vogliamo prendere sul serio il nostro impegno scolastico non per essere i primi della classe, per amore del sapere in sé, o per un arido successo personale, ma per imparare e acquisire strumenti, idee, capacità da mettere al servizio degli altri, a partire dai poveri e dagli esclusi. Vogliamo che le nostre ore a scuola o seduti a una scrivania a studiare siano un passo per realizzare il mondo più giusto che sogniamo.
Studiare allora non è un obbligo sterile da cui scappare né un sacrificio fine a se stesso, ma una parte integrante del nostro cammino di fede. Vogliamo che il tempo dedicato ai libri diventi investimento di speranza, strumento di cambiamento, occasione per prepararci a contribuire alla costruzione di un mondo più giusto e solidale. In questo senso, Pier Giorgio Frassati rimane per noi non soltanto un modello di fede e di generosità, ma anche un compagno di banco ideale, che ci suggerisce un fine grande per la nostra quotidianità.
In fondo, guardando a Pier Giorgio Frassati, scopriamo che la santità non si gioca lontano dai banchi di scuola, ma proprio lì, quando una materia che ci sembra arida e fine a sé stessa si può trasformare in un dono per gli altri.
Articolo pubblicato su azionecattolica.it