In Pier Giorgio si sviluppa presto, anche grazie alla vita pubblica del padre, l’attenzione alla dimensione sociale e politica. Da adolescente segue con sofferenza le vicende della prima guerra mondiale, e si trova poi immerso nei fermenti del dopoguerra. Tra i giovani cattolici è grande la voglia di fare la propria parte nella costruzione del futuro della nazione. I problemi sociali sono scottanti, le tensioni politiche forti. Pier Giorgio, che nutre un grande amore per la pace, crede fermamente alla possibilità di edificare una società giusta, di uguaglianza e di libertà, dove i beni siano equamente distribuiti.
Ha coscienza che l’azione caritativa non basta, che bisogna risolvere i problemi sul piano dell’ordinamento sociale. Vede nel Partito Popolare Italiano, fondato da don Luigi Sturzo nel 1919, lo strumento adatto per perseguire i suoi ideali. Dopo un periodo di «quarantena», motivato dalla stretta parentela con il Frassati notissimo liberale, la sua domanda di iscrizione viene accolta.
Nel partito mantiene il suo stile: non posti di prima linea, ma disponibilità ai servizi anche più umili. Ugualmente pronto a pulire la sede, ad andare con le «squadre volanti» ad attaccare manifesti di notte (con il rischio delle risse con gli attivisti di altri partiti), ad accompagnare gli oratori nella propaganda nei posti più «caldi» dove il suo corpo robusto e la sua calma sono preziosi in caso di bisogno.
È schierato su posizioni di sinistra, nell’ala più avanzata del partito. Vive con passione il Congresso popolare di Torino nell’aprile 1923, dove si discute la collaborazione con il Partito fascista.
Il giudizio di Pier Giorgio sul fascismo, al pari di quello del padre dimessosi da ambasciatore al momento della salita di Mussolini al potere, è durissimo. Lo esprime più volte, anche in pubblico, senza nessun timore. Vede con amarezza alcuni deputati popolari compromettersi con il regime, mentre egli addirittura chiede di iscriversi al circolo della Gioventù Cattolica di Guastalla, più volte aggredita dai fascisti. Egli stesso sventa un’aggressione fascista in casa.
In questi tragici, dolorosi momenti nei quali la vostra Patria è calpestata dal piede straniero, mentre il vostro antagonista occupa i vostri focolari come nemico della Patria, vi mandiamo noi studenti cattolici, l’espressione del nostro fraterno amore.
Non abbiamo la possibilità di mutare la triste situazione, ma sentiamo in noi l’intera forza del nostro amore cristiano che ci affratella oltre i confini di tutte le Nazioni. [...]
Fratelli, in queste nuove prove e terribili dolori, sappiate che la grande famiglia cristiana prega per voi.
Pier Giorgio Frassati Circolo Universitario Cattolico “Cesare Balbo”
Lettera agli studenti tedeschi in seguito all’occupazione della Ruhr da parte dei francesi. Gennaio 1923
Sono veramente indignato perché hai esposto la Bandiera, che tante volte, benché indegno, ho portato nei cortei religiosi, dal balcone per rendere omaggio a colui, che disfà le opere pie, che non mette freno ai fascisti e lascia uccidere i Ministri di Dio come Don Minzoni ecc. e lascia che si facciano altre porcherie e cerca di coprire questi misfatti col mettere il Crocifisso nelle Scuole ecc. Io mi sono preso tutta la responsabilità e ho tolta questa Bandiera purtroppo tardi e da ora ti comunico le mie dimissioni irrevocabili. Continuerò con l’aiuto di Dio anche fuori del Circolo, benché ciò mi rechi molto dispiacere e farò quel poco che potrò per la Causa Cristiana e per la Pace di Cristo. Desidero che questa mia lettera scritta con fretta ma dettata dal profondo dell’animo sia letta alla prossima assemblea.
Con profonda stima,
Pier Giorgio Frassati
Lettera a Costantino Guardia Riva, presidente del Circolo «Cesare Balbo», Torino, 24 ottobre 1923, dopo la visita di Benito Mussolini a Torino. Le dimissioni furono poi ritirate un mese dopo.